In attesa di entrare in scena per recitare nel Temporale di Strindberg, Umberto Orsini si muove in uno spazio sospeso tra memoria e finzione, dove i ricordi affiorano con la logica sfuggente dei sogni. Diretto da Massimo Popolizio, che lo accompagna con sguardo rispettoso e discreto, Orsini ripercorre frammenti della sua vita e carriera, in un tempo che pare dilatato e indefinito.
La scena diventa un luogo mentale, attraversato da visioni, suoni e immagini, mentre il “temporale” del titolo si trasforma in metafora dell’attesa, dell’ultima grande soglia da varcare. Proprio come nel testo di Strindberg, dove tutto è già accaduto e si ricompone nel racconto, anche qui si assiste a un viaggio che non ha bisogno di spiegarsi: basta seguirne il ritmo, sottile e toccante.
 
			




